A guardarsi in giro, certe manovre sembrerebbero essere ricominciate.
Tempi diversi, esigenze diverse, ma leggere quanto segue potrebbe aiutare qualcuno a non finire in trappola ed altri a capire qualcosa in più del music-business.
Passo indietro necessario verso gli anni d'oro dell'industria discografica. Prendiamo il rap italiano anni '90: muovevo i primi passi come semplice ascoltatore e, nell'immaginario collettivo, per svoltare bisognava riuscire ad essere messi sotto contratto. La parola era sinonimo di soldi subito, fama e ulteriori ricchezze poi. Qualche nerd dovrebbe far la conta di quanto spesso il concetto di contratto fosse parte dei testi.
Viaggio mentale: rime --> contratto --> successo.
Ebbi presto le testimonianze che così non fosse.
Conobbi un rapper underground di Milano vittima del lato oscuro della faccenda.
"Quando esci col disco?"
"Non esco. Ho firmato un contratto da 5 anni e sono ancora bloccato per 3".
La manovra messa in atto dalle case discografiche, in breve, consisteva nel mettere sotto contratto quanti più potenziali competitor possibili, per poi tenerli parcheggiati nelle retrovie col fine di impedire che appunto divenissero ostacoli per il proprio rapper/gruppo di punta.
Obiettivo: spazio per tutti non ce n'è --> i cani sciolti potrebbero diventare minacce --> mettiamoli sotto contratto e poi chiudiamoli nello sgabuzzino.
Nel corso degli anni e delle chiacchiere di radio (e corridoio) con altri rapper dell'epoca, mi fu confermata l'esistenza di tale prassi. Un dramma per le vittime, mera strategia di mercato per l'imprenditoria musicale.
Oggi le cose sono diverse. Si cercano artisti "pronta consumazione" per sodalizi da far carburare e fruttare rapidi. I pochi "coltivatori di talenti" sono per lo più realtà indipendenti e -gran cosa- molte di queste sono mosse da spirito costruttivo e genuino. In breve: è un ambiente più affollato, ma mediamente meno rischioso. Purtroppo, però, a quel piano intermedio fra la major e la mini-etichettina di quartiere, vi sono stati un tot di casi in cui nomi di rilievo dell'underground sono stati messi sotto contratto e palesemente gestiti col freno a mano tirato.
Ti diamo poco budget --> poche chance --> poca esposizione --> "Non hai funzionato, ciao".
Stanata la nuova maniera di parcheggiare?
Tempi diversi, esigenze diverse, ma leggere quanto segue potrebbe aiutare qualcuno a non finire in trappola ed altri a capire qualcosa in più del music-business.
Passo indietro necessario verso gli anni d'oro dell'industria discografica. Prendiamo il rap italiano anni '90: muovevo i primi passi come semplice ascoltatore e, nell'immaginario collettivo, per svoltare bisognava riuscire ad essere messi sotto contratto. La parola era sinonimo di soldi subito, fama e ulteriori ricchezze poi. Qualche nerd dovrebbe far la conta di quanto spesso il concetto di contratto fosse parte dei testi.
Viaggio mentale: rime --> contratto --> successo.
Ebbi presto le testimonianze che così non fosse.
Conobbi un rapper underground di Milano vittima del lato oscuro della faccenda.
"Quando esci col disco?"
"Non esco. Ho firmato un contratto da 5 anni e sono ancora bloccato per 3".
La manovra messa in atto dalle case discografiche, in breve, consisteva nel mettere sotto contratto quanti più potenziali competitor possibili, per poi tenerli parcheggiati nelle retrovie col fine di impedire che appunto divenissero ostacoli per il proprio rapper/gruppo di punta.
Obiettivo: spazio per tutti non ce n'è --> i cani sciolti potrebbero diventare minacce --> mettiamoli sotto contratto e poi chiudiamoli nello sgabuzzino.
Nel corso degli anni e delle chiacchiere di radio (e corridoio) con altri rapper dell'epoca, mi fu confermata l'esistenza di tale prassi. Un dramma per le vittime, mera strategia di mercato per l'imprenditoria musicale.
Oggi le cose sono diverse. Si cercano artisti "pronta consumazione" per sodalizi da far carburare e fruttare rapidi. I pochi "coltivatori di talenti" sono per lo più realtà indipendenti e -gran cosa- molte di queste sono mosse da spirito costruttivo e genuino. In breve: è un ambiente più affollato, ma mediamente meno rischioso. Purtroppo, però, a quel piano intermedio fra la major e la mini-etichettina di quartiere, vi sono stati un tot di casi in cui nomi di rilievo dell'underground sono stati messi sotto contratto e palesemente gestiti col freno a mano tirato.
Ti diamo poco budget --> poche chance --> poca esposizione --> "Non hai funzionato, ciao".
Stanata la nuova maniera di parcheggiare?